RUBRICA/ Il Pallium
Rubrica “Alla scoperta del XV secolo” – 18.02.2013
Il Pallium
A cura di Alberto Gatti

Nella vita delle città medievali il palio è un avvenimento importantissimo, tale da coinvolgere l’intera popolazione. Il palio si correva ovunque, a Genova lungo il mare, a Roma si scelse quella strada che oggi si chiama “Corso”, Firenze decise di dare il via alle corse da quello che poi prenderà il nome di “Ponte delle Mosse”; dove non esistono le condizione urbanistiche il potere pubblico creava spazi adatti, allargando strade, raddrizzando curve troppo pericolose e creando slarghi.
Il palio si celebrava per i più svariati motivi, il principale era quello legato alle festività santorale, ma quasi sempre le motivazioni religiose si affiancavano a ragioni civiche o esplicitamente politiche. A Perugia nel 1260, il palio era all’interno delle celebrazioni di Ognissanti, come complemento ludico alla grande fiera che si svolgeva in quei giorni; a Siena attorno al 1200 si correva per celebrare la festa di Santa Maria Assunta, mentre ad Ascoli nel ‘300, il patrono Sant’Emidio, oltre che con quintane e giostre era festeggiato con un palio, insomma, quasi tutte le comunità italiane, dal più piccolo borgo alla grande città avevano la propria corsa al palio. Si correva anche per celebrare un avvenimento eccezionale a sfondo religioso, come a Siena nel 1363, quando si corse in onore della Madonna che aveva protetto la città dalla peste che dilagava in Toscana; all’interno delle celebrazione carnevalesche si svolgevano palii sia con i cavalli che con bufali o asini.
Il palio era anche strumento politico, ottimo per rinforzare il potere della città sulle comunità del territorio controllato, ad Orvieto nel ‘200 i drappi offerti dalle comunità soggette costituivano il premio per il vincitore, nel 1454 le cronache Fiorentine testimoniano la presenza di prigionieri all’interno del corteo celebrativo, era uso comune dare la grazia ai condannati che riacquistavano la libertà al termine della corsa. La politica era tirata in ballo anche a Firenze nel 1429, quando il Duca di Milano finanziò il palio come simbolo della ritrovata amicizia con i Fiorentini; ben altri scenari son quelli che si vedevano sotto le mura delle città assediate, come nel caso di Arezzo nel 1345, quando i Perugini, accampati sotto le mura Aretine, raccolsero le meretrici e le fecero correre il palio “anco ce fecero currere el palio denante a la porta de Arezzo, da le putane alzate fino alla centura”.
Il palio era regolamentato nei minimi particolari: non potevano correre asini insieme ai cavalli, ne cavalle con cavalli; a Perugia nel ‘200 le pene erano molto severe per chi intralciava la corsa, a Bologna sempre nella fine del ‘200 chi abitava lungo il percorso era obbligato a liberare lo spazio antistante casa da ogni tipo di legname, pietre, letame o immondizia; i cavalli che partecipavano alla corsa, in genere, venivano esaminati in precedenza, ed onde evitare brogli o sostituzioni prima dello svolgimento erano “segnati” come ad Ascoli dove, in base alle norme del 1377, il cavallo poteva partecipare solo se aveva “recevuto primamente lu signo overo la bolla da lu cancelero de lu comune”.
La mossa, fase cruciale di ogni palio, era gestita e regolata da diverse figure: a Prato alcuni incaricati sono impegnati a garantire l’allineamento corretto dei cavalli (“ad ugualliandum equos”),a Terni fra le regole date ai fantini c’è anche quella di aspettare la partenza in ordine (“taciti et contenti”) ma è il segnale della partenza che è davvero singolare, difatti viene date congiuntamente dal cancelliere e da un ufficiale del podestà con uno squillo di tromba eseguito da un trombettiere nascosto alla vista dei fantini, da ciò si capisce che la mossa manca di un canapo e si vuole, quindi, evitare che i fantini diano di sprone alla vista dell’imminente squillo di tromba.
Nella maggior parte dei palii moderni, anche il cavallo scosso può risultare vincitore, nel medioevo questo non era scontato infatti, a Pienza in occasione della visita di Papa Pio II, un asino vinse anche se arrivò al traguardo da scosso mentre a Siena da sempre vigeva la regola che il vincitore era il fantino e non il cavallo, una cronaca del 1493 ce ne da testimonianza protagonisti furono il cavallo ed il fantino del famoso Cesare Borgia. In quella occasione accade che il fantino del Borgia per alleggerire il peso della bestia, si gettò a terra lungo il percorso; il cavallo arrivò primo ma i giudici gli negarono la vittoria, suscitando le ire del focoso Cesare. Il Valentino ne fece un affare di stato e scrisse dure reprimende nei confronti della Signoria Senese, che però non volle tornare sui suoi passi e non soddisfò le pretese del Borgia.
Il palio non piaceva solamente per la velocità dei cavalli che coinvolgeva ed entusiasmava gli spettatori, ma anche per una serie di rituali collegati alla corsa vera e propria. Uno di questi era il corteo che, solitamente, precedeva la corsa al drappo; a Pistoia nel ‘300 alla vigilia del palio di Sant’Jacopo, il drappo veniva fatto sfilare per le strade all’interno di una solenne processione; il corteo era aperto dal clero, seguivano le massime autorità civile del comune e, in ordine di importanza, le associazioni di mestieri pistoiesi, dietro veniva il popolo e dietro ancora, i rappresentati delle genti del contado.
Altro evento nell’evento era la benedizione dei cavalli, la prima attestazione scritta di tale usanza si trova a Siena, dove nel 1666, la Magistratura della Balia disponeva di far sapere a “tutti li Barbireschi (gli addetti al cavallo da corsa) che la vigilia dell’Assuntione della Beatissima Vergine nostra Signora sieno con i lor Barberi doppo l’Illustrissima Signoria con el torchietto conforme l’ordini” per far benedire gli animali. Palio viene dal termine Pallium cioè drappo, ma non sempre quest’ultimo era il premio che veniva dato al vincitore, a Bologna nel ‘200 il primo premio per il palio di San Bartolomeo era costituito da un ronzino e da uno sparviero, a Pisa il primo arrivato vinceva un drappo di velluto rosso, ma poteva succedere che il premio era un bue o un montone o un gallo o un maiale.
In ogni caso, quando si tratta di un premio costituito da stoffa, quest’ultimo di regola è di un tessuto molto prezioso, lavorato con dei ricami o con aggiunte di pelli preziose come il vaio; a Siena nel 1447, il comune commissiona un fregio d’oro per il palio di Santa Maria Assunta, lungo sette metri e largo due su un modello regolamentato dagli ufficiali addetti, tutto il drappo avrà un costo complessivo di settantasette giorni d’oro..una piccola fortuna.
Il Palio è da sempre presente nella vita delle comunità Italiane, è passione ed entusiasmo, sofferenza ed estremo piacere, può simboleggiare la vita o la morte così come diceva il Mazzei in una lettera datata 4 febbraio 1408 : “Tutti corriamo il palio, a chi prima è a morire.”
(cit. La festa in armi, giostre, tornei e giochi nel medioevo. Balestracci, Laterza)
‹ Buon San Valentino CAVALCATA/ Tiro al canapo: l’obiettivo del 2013 è far partecipare tutte e 10 le Contrade! ›
Comments are currently closed.